Traccia di preghiera sul Vangelo della XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Ricordi uno sguardo che ti ha sconvolto la vita? Era uno sguardo esigente o affettuoso? Quando un’accoglienza inaspettata ti ha rimesso in piedi?
Indicazioni metodologiche
- È una traccia di preghiera sulle letture della domenica, in particolare sul Vangelo, ispirata alla tradizione degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola.
- Presuppone la lettura del Vangelo corrispondente: se omessa, la traccia che segue è priva di senso e si trasformerà in una presa in giro di se stessi.
- È predisposta in maniera tale da cercare di favorire il tuo coinvolgimento, il tuo apporto, il tuo contributo.
- Per la durata di questa preghiera, propongo i seguenti criteri:
- criterio del gusto interiore: farla durare sin quando ci dà gusto, ci coinvolge, ci intriga.
- criterio quantitativo minimo: non meno di 10 minuti.
- criterio quantitativo massimo: non più di 60 minuti.
- Non devi approfondire ogni spunto e domanda della traccia. La raffica di spunti e domande è per aiutarti a trovare il tuo filo conduttore. Soffermati dove ti senti toccato, dove senti coinvolgimento, dove avverti un richiamo. La tua preghiera passa in maniera decisiva dall’attenzione a questi movimenti interiori. Passa ad un altro punto della traccia solo quando hai ben gustato il precedente.
- Puoi impiegare la traccia con diverse modalità, prestando attenzione al tuo bisogno
interiore: una sola volta, per più giorni, per una settimana intera. - Puoi adoperarla anche insieme ad altri: in tal modo, dopo la fase personale, è poi possibile condividerne i frutti. Alcuni stanno sperimentando la traccia in gruppi.
- Alla fine della preghiera, prendi qualche appunto scritto (su carta, in un file, ecc.) sull’esperienza spirituale vissuta.
- Pregando sulla traccia, ti faranno compagnia tante sensazioni in ordine sparso, tipo “Non ci capisco niente!”, “Quante domande…”, “Io sono in cerca di risposte chiare e complete e qui trovo solo domande e tante…”, “La struttura della preghiera è strana”, “Alcuni passaggi risultano macchinosi…”, “Mi restano alcune immagini e non capisco perché”, “Sono affiorati diversi ricordi, belli e meno belli: che senso ha?”
- Non solo: ti potrà capitare di ritornare in maniera spontanea sulla traccia mentre sei impegnato nelle tue corse o di essere raggiunto ancora da essa.
Sai come si chiama tutto questo?
Preghiera.
La tua.
Sì, starai pregando.
Continua.
Testo del Vangelo…
Dal Vangelo secondo Luca (19,1-10)
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
*Foto designed by Canva AI
Preghiera preliminare
Chiedere a Dio nostro Signore la grazia che per la durata della preghiera tutte le mie intenzioni, il mio agire e la mia dimensione interiore non si disperdano in mille distrazioni, ma siano dedicate solo all’incontro con Lui: è possibile ed è bello.
Primo passaggio introduttivo
Consiste nel comporre il tema della preghiera. Qui sarà uno sguardo.
Secondo passaggio introduttivo
Consiste nel domandare al Signore quello che voglio e desidero. Qui, in particolare, gli chiedo la grazia di capire gli effetti che uno sguardo può arrivare a provocare.
Primo punto
Contemplo la scena sotto quell’albero di sicomoro. L’uomo che vi si era nascosto sopra è stato “sgamato“, esposto, giudicato, senza possibilità di scampo, dallo sguardo della folla. È una scena che assomiglia a un processo per direttissima: c’è l’imputato (Zaccheo), l’accusa (la folla) e il giudice atteso (Gesù). L’atmosfera è carica di tensione, di trepidazione, per l’arrivo di una sentenza.
Mi fermo su questa immagine potente. Riconosco come, a volte, il mio mondo interiore assomigli proprio a quest’aula di tribunale, pronto ad imbastire processi per direttissima. C’è una parte di me pronta ad accusarmi, implacabile nell’elencare i miei fallimenti, i miei compromessi, i miei peccati. E c’è un’altra parte di me che, come Zaccheo, si ritrova sul banco degli imputati, esposta, giudicata, “beccata“, senza vie di fuga.
In questo tribunale interiore, lo sguardo di Dio è spesso percepito come quello del giudice. Mi presento a Lui già con la paura della sentenza, con l’attesa del “conto” da pagare, per le mie inadeguatezze. È una preghiera che nasce dalla paura e dal senso di colpa.
Qual è oggi il “sicomoro” su cui mi nascondo, la parte di me che temo di più venga “sgamata” dallo sguardo di Dio o degli altri?
Quando sento lo sguardo di Dio posarsi sulla mia vita, quale percezione prevale in me? Quella di uno sguardo esigente, che mi mette alla prova e mi chiama a una maggiore coerenza oppure quella di uno sguardo affettuoso, che mi invita a una relazione più intima e gratuita?
Vivo la fede più come un serio cammino di impegno ascetico, morale, dove cerco di essere coerente e ‘a posto‘ davanti a Dio, oppure più come uno spazio di incontro personale, dove cerco, soprattutto, l’intimità e un dialogo autentico con Lui?
Secondo punto
L’aria è carica di tensione, per la sentenza che tutti si aspettano di sentir pronunciare da Gesù. Contemplo, con stupore, la dichiarazione spiazzante di Gesù quando dice: “Zaccheo, scendi subito da quell’albero, da quel banco d’imputati perché io, oggi, devo fermarmi a casa tua“. Sono tutti a bocca aperta. Ne consegue davvero un banchetto. L’aula del tribunale si trasforma in una sala da pranzo. La tensione del processo si scioglie nella cordialità di un incontro.
Mi immergo in questa nuova atmosfera. Zaccheo è felicissimo. Al tempo stesso, si aspetta una “strigliata” da parte di Gesù, la presentazione del “conto” per essere scampato alla sentenza di condanna. E invece, passano i minuti, passano le ore. Gesù non chiede nulla, non rimprovera nulla. Mangia, beve, conversa, ride. L’atmosfera non è fatta di richieste e condizioni, ma di presenza gratuita, di comunione, di gioia.
Mi lascio conquistare da questa la Buona Notizia: Gesù non entra nella mia casa per ispezionarla, ma per abitarla. Non viene a presentare il conto, ma a portare la comunione. È questa atmosfera, questo amore immeritato, che disarma Zaccheo e lo rende libero.
Ripenso a un momento in cui, aspettandomi un giudizio o un rimprovero (da Dio o da una persona), ho invece ricevuto un’accoglienza inaspettata. Che effetto ha avuto su di me?
Quale dinamica sento più efficace nel muovere il mio cuore alla conversione? La paura di un giudizio, che mi spinge a correggere i miei errori, oppure lo stupore, per una misericordia immeritata, che mi fa desiderare di amare di più?
Credo davvero che Gesù desideri entrare nel mio “caos” interiore non per giudicarlo, ma per portarvi la sua pace e la sua gioia?
Terzo punto
Contemplo l’ultimo gesto di Zaccheo. Non è Gesù a chiederglielo. È lui che, a un certo punto, “si alza da tavola, si mette in piedi” e, nello stupore di tutti i presenti, fa la sua promessa di conversione.
Comprendo il mistero. La conversione di Zaccheo non è la condizione per meritare il banchetto, per potersi sedere a quel tavolo in compagni di Gesù. È il frutto maturo di quell’atmosfera di grazia. Non è il prezzo che paga, per essere perdonato, è il “brindisi” che fa, pieno di gioia, per celebrare l’amore che lo ha già salvato.
È perché si è sentito amato “così, da un amore così“, incondizionatamente, che il suo cuore si apre e diventa capace di una generosità che prima era impensabile. L’amore ricevuto trabocca in amore donato.
La Buona Notizia è che la vera trasformazione non nasce dai miei sforzi per essere “a posto“, ma dall’accogliere con stupore un Dio che si fa mio ospite, disarmandomi con la sua amicizia e gratuità.
C’è un’esperienza di amore gratuito, nella mia vita, che mi ha “rimesso in piedi“, dandomi la forza di cambiare qualcosa in meglio?
Guardando ai miei desideri di cambiamento, qual è la mia motivazione principale? Lo sforzo della volontà, per correggere i miei difetti, oppure lo slancio della gratitudine che nasce dal sentirmi già amato e perdonato?
Cosa significa per me, oggi, “alzarmi in piedi“? Quale piccolo, ma concreto gesto di giustizia o di carità potrebbe essere il mio “brindisi”, per ringraziare il Signore della sua visita?
Colloquio
Conversiamo da amico ad amico con il Signore. In particolare, Lo ringrazio perché mi regala quella speranza che nemmeno stavo più cercando. Concludo con un’Ave Maria.
Cliccando sull’icona è possibile scaricare la traccia di preghiera in formato pdf.
(Istruzioni per la stampa)
