Traccia di preghiera sul Vangelo della XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Come vivi l’esperienza della preghiera? Sperimenti la fatica del pregare? In questi momenti, ti senti da solo o percepisci una compagnia?
Indicazioni metodologiche
- È una traccia di preghiera sulle letture della domenica, in particolare sul Vangelo, ispirata alla tradizione degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola.
- Presuppone la lettura del Vangelo corrispondente: se omessa, la traccia che segue è priva di senso e si trasformerà in una presa in giro di se stessi.
- È predisposta in maniera tale da cercare di favorire il tuo coinvolgimento, il tuo apporto, il tuo contributo.
- Per la durata di questa preghiera, propongo i seguenti criteri:
- criterio del gusto interiore: farla durare sin quando ci dà gusto, ci coinvolge, ci intriga.
- criterio quantitativo minimo: non meno di 10 minuti.
- criterio quantitativo massimo: non più di 60 minuti.
- Non devi approfondire ogni spunto e domanda della traccia. La raffica di spunti e domande è per aiutarti a trovare il tuo filo conduttore. Soffermati dove ti senti toccato, dove senti coinvolgimento, dove avverti un richiamo. La tua preghiera passa in maniera decisiva dall’attenzione a questi movimenti interiori. Passa ad un altro punto della traccia solo quando hai ben gustato il precedente.
- Puoi impiegare la traccia con diverse modalità, prestando attenzione al tuo bisogno
interiore: una sola volta, per più giorni, per una settimana intera. - Puoi adoperarla anche insieme ad altri: in tal modo, dopo la fase personale, è poi possibile condividerne i frutti. Alcuni stanno sperimentando la traccia in gruppi.
- Alla fine della preghiera, prendi qualche appunto scritto (su carta, in un file, ecc.) sull’esperienza spirituale vissuta.
- Pregando sulla traccia, ti faranno compagnia tante sensazioni in ordine sparso, tipo “Non ci capisco niente!”, “Quante domande…”, “Io sono in cerca di risposte chiare e complete e qui trovo solo domande e tante…”, “La struttura della preghiera è strana”, “Alcuni passaggi risultano macchinosi…”, “Mi restano alcune immagini e non capisco perché”, “Sono affiorati diversi ricordi, belli e meno belli: che senso ha?”
- Non solo: ti potrà capitare di ritornare in maniera spontanea sulla traccia mentre sei impegnato nelle tue corse o di essere raggiunto ancora da essa.
Sai come si chiama tutto questo?
Preghiera.
La tua.
Sì, starai pregando.
Continua.
Testo del Vangelo…
Dal Vangelo secondo Luca (18,1-8)
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
*Foto di wirestock su Freepik
Preghiera preliminare
Chiedere a Dio nostro Signore la grazia che per la durata della preghiera tutte le mie intenzioni, il mio agire e la mia dimensione interiore non si disperdano in mille distrazioni, ma siano dedicate solo all’incontro con Lui: è possibile ed è bello.
Primo passaggio introduttivo
Consiste nel comporre il tema della preghiera. Qui sarà la fatica e il modo in cui essa può “impadronirsi” della preghiera, trasformandola da un luogo di incontro a un peso.
Secondo passaggio introduttivo
Consiste nel domandare al Signore quello che voglio e desidero. Qui, in particolare, gli chiedo la grazia di non fuggire da questa fatica, ma di abitarla con onestà, per scoprire se, proprio in questo deserto, si nasconde una sorgente inattesa e una compagnia sorprendente.
Primo punto
Contemplo la scena. Da un lato un giudice iniquo e dall’altro una vedova insistente. Provo ad identificarmi immediatamente con lei. Riconosco la sua vulnerabilità, la sua impotenza di fronte a un’ingiustizia. E, soprattutto, riconosco il suo grido ostinato, la sua preghiera che sembra rimbalzare contro un muro di silenzio.
Ripenso alla mia vita. A tutte le volte in cui ho pregato, con insistenza, per una situazione che mi sta a cuore. Ripenso alla stanchezza, alla tentazione di arrendermi, alla sensazione desolante di essere solo in questa lotta, di gridare a un cielo che sembra muto. Questa esperienza di solitudine nella preghiera è reale e il Vangelo la prende sul serio.
Qual è, oggi, il “grido” più insistente del mio cuore? Per quale “giustizia” sto pregando con più fatica?
Come vivo l’esperienza del “silenzio di Dio“? La interpreto come una difficoltà che mette alla prova la mia perseveranza oppure come un’assenza che mi scoraggia e mi fa dubitare?
In questa fatica, mi sento un combattente solitario oppure percepisco, anche solo debolmente, una compagnia nel mio grido?
Secondo punto
Dopo aver osservato la scena e aver riconosciuto, in quella vedova, i tratti della mia preghiera, provo, ora, a cambiare prospettiva. In quella donna vulnerabile e insistente mi fermo a contemplare un’icona di Gesù stesso.
Faccio memoria di lui che, nel Getsemani, prega con angoscia e sudore di sangue (cfr. Lc 22,44). Lo contemplo sulla Croce, come la “vedova” spogliata di tutto che, nell’apparente abbandono del Padre, lancia il suo grido più forte: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (cfr. Mc 15,34). Lì, Lui si è fatto una cosa sola con la mia solitudine, con la mia sensazione di impotenza, con il mio grido.
E non solo. Gesù è anche “colui che grida giorno e notte” al Padre per noi. La sua intera vita è stata una preghiera incessante. E ora, da Risorto, “è sempre vivo per intercedere a nostro favore” (cfr. Eb 7,25).
Mi lascio sorprendere da questa Buona Notizia che non mi aspettavo. La mia preghiera non è più un grido solitario. È preceduta, accompagnata e sostenuta dal Suo grido, dalla sua preghiera.
Cosa suscita in me l’immagine di Gesù come la “vedova vulnerabile” sulla Croce? Mi aiuta a dare dignità e senso alla mia stessa fatica nel pregare?
Credo davvero che, anche quando io taccio o mi stanco, la preghiera di Cristo per me non si interrompe mai?
Come cambia la mia preghiera, se la penso non come un’iniziativa che parte da me, ma come una risposta al Suo pregare per me?
Terzo punto
Alla luce di questa rivelazione, riconsidero la domanda finale di Gesù: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?“.
Mi rendo conto, ora, che la “fede” che Lui cerca non è la mia eroica capacità di pregare in maniera ostinata, da solo. È qualcosa di più semplice e profondo. È la mia fiducia in questa Buona Notizia. È la fede che mi fa credere di non essere solo.
In questa prospettiva, la mia preghiera cambia natura. Più che uno sforzo per convincere Dio, diventa un atto di partecipazione. È la possibilità di unire la mia piccola e stanca voce al Suo grande e instancabile grido d’amore. È smettere di essere il protagonista ansioso della mia preghiera, per diventare il partecipe gioioso della Sua.
La perseveranza nella preghiera non è più una virtù che devo costruire da solo, ma un dono che ricevo rimanendo unito a Lui, innestato nella Sua stessa preghiera di Figlio.
Quale dinamica sento più mia in questo momento? Quella dello sforzo volontario, per “pregare di più“, oppure quella dell’affidamento più profondo, per lasciare che la preghiera di Cristo viva e agisca in me?
La domanda finale di Gesù sul trovare ancora la fede, come risuona in me? Principalmente come una sfida alla mia responsabilità personale, che mi chiama a un maggiore impegno nella preghiera, oppure come un invito a spostare il focus dalla mia prestazione alla qualità della mia fiducia in Lui che già prega per me?
Quale piccolo passo posso compiere, per vivere la mia preghiera più come una “partecipazione” che come una “performance“?
Colloquio
Conversiamo da amico ad amico con il Signore. In particolare, Lo ringrazio perché mi rivela che non sono solo nella mia fatica di pregare e mi regala la possibilità di fidarmi non della mia forza, ma della sua preghiera che, instancabilmente, sostiene la mia. Concludo con un’Ave Maria.
Cliccando sull’icona è possibile scaricare la traccia di preghiera in formato pdf.
(Istruzioni per la stampa)

È bello leggere, anche al di fuori della chiesa, la parola del Signore e soprattutto le riflessioni che lei ci induce a fare con il suo scritto.
A me è servito a riflettere ed a scrivere la mia preghiera.
Grazie
Carmela
La nostra vita è permeata da necessità che non riusciamo a colmare per via della nostra limitatezza. Ci rivolgiamo a Lui con la preghiera, a volte incessante e insistente ma poi finiamo per stancarci, pensando che Dio sia sordo alle nostre richieste.
Ma Gesù ci dice che non siamo mai soli nella preghiera, Lui grida e prega incessantemente il Padre facendosi carico delle nostre richieste.
La nostra preghiera insistente sia allora un atto di abbandono a questa continua, incessante ed insistente intercessione di Gesù che, nel Suo infinito Amore, vuole solo la nostra felicità.
Io continuo a pregare perché il Signore ascolti le mie intenzioni, consapevole di non essere solo in queste richieste che un giorno verranno accolte, se rientrano nel progetto di Amore di Dio per me.
Un abbraccio affettuoso
Giovanni
Grazie Giovanni