La fioritura dello Spirito

Traccia di preghiera sul Vangelo della Solennità di Pentecoste (Anno C)

In quali circostanze hai riconosciuto la fioritura dello Spirito nella tua vita? Quali parole, relazioni, scelte oggi chiedono di fiorire?

Indicazioni metodologiche
  • È una traccia di preghiera sulle letture della domenica, in particolare sul Vangelo, ispirata alla tradizione degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola.
  • Presuppone la lettura del Vangelo corrispondente: se omessa, la traccia che segue è priva di senso e si trasformerà in una presa in giro di se stessi.
  • È predisposta in maniera tale da cercare di favorire il tuo coinvolgimento, il tuo apporto, il tuo contributo.
  • Per la durata di questa preghiera, propongo i seguenti criteri:
    • criterio del gusto interiore: farla durare sin quando ci dà gusto, ci coinvolge, ci intriga.
    • criterio quantitativo minimo: non meno di 10 minuti.
    • criterio quantitativo massimo: non più di 60 minuti.
  • Non devi approfondire ogni spunto e domanda della traccia. La raffica di spunti e domande è per aiutarti a trovare il tuo filo conduttore. Soffermati dove ti senti toccato, dove senti coinvolgimento, dove avverti un richiamo. La tua preghiera passa in maniera decisiva dall’attenzione a questi movimenti interiori. Passa ad un altro punto della traccia solo quando hai ben gustato il precedente.
  • Puoi impiegare la traccia con diverse modalità, prestando attenzione al tuo bisogno
    interiore: una sola volta, per più giorni, per una settimana intera.
  • Puoi adoperarla anche insieme ad altri: in tal modo, dopo la fase personale, è poi possibile condividerne i frutti. Alcuni stanno sperimentando la traccia in gruppi.
  • Alla fine della preghiera, prendi qualche appunto scritto (su carta, in un file, ecc.) sull’esperienza spirituale vissuta.
  • Pregando sulla traccia, ti faranno compagnia tante sensazioni in ordine sparso, tipo “Non ci capisco niente!”, “Quante domande…”, “Io sono in cerca di risposte chiare e complete e qui trovo solo domande e tante…”, “La struttura della preghiera è strana”, “Alcuni passaggi risultano macchinosi…”, “Mi restano alcune immagini e non capisco perché”, “Sono affiorati diversi ricordi, belli e meno belli: che senso ha?”
  • Non solo: ti potrà capitare di ritornare in maniera spontanea sulla traccia mentre sei impegnato nelle tue corse o di essere raggiunto ancora da essa.
Sai come si chiama tutto questo?
Preghiera.
La tua.
Sì, starai pregando.
Continua.
Testo del Vangelo…
Dal Vangelo secondo Giovanni (14,15-16.23b-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

*Foto di IaiaCurly


Preghiera preliminare

Chiedere a Dio nostro Signore la grazia che per la durata della preghiera tutte le mie intenzioni, il mio agire e la mia dimensione interiore non si disperdano in mille distrazioni, ma siano dedicate solo all’incontro con Lui: è possibile ed è bello.

Primo passaggio introduttivo

Consiste nel comporre il tema della preghiera. Qui sarà una fioritura.

Secondo passaggio introduttivo

Consiste nel domandare al Signore quello che voglio e desidero. Qui, in particolare, gli chiedo di esplorare i possibili luoghi e le possibili forme di una fioritura.

Primo punto

Con la Solennità di Pentecoste, il lungo cammino del tempo pasquale, oggi, giunge a conclusione. Da questo punto di arrivo, provo a rileggere, nell’esperienza dei discepoli, questi cinquanta giorni trascorsi dal quel mattino del giorno di Pasqua. Mi rendo conto, con stupore, che per quegli uomini e quelle donne il tempo di Pasqua non è stato un tempo glorioso.

È stato un tempo sincero e ferito, fatto di tante fragilità condivise: stanze in cui nascondersi, parole spezzate dal rimorso, gesti impacciati e faticosi, incredulità ostinata, reti vuote. È stato un tempo in cui i discepoli hanno fatto esperienza di non essere eroi. Si sono scoperti uomini e donne dominati dalle loro paure e dai loro limiti, eppure raggiunti da un amore più grande di tutto.

Rileggendo il loro cammino, scopro che dentro questi racconti fragili, già ardeva qualcosa. Non lo sapevano, ma stavano camminando con lo Spirito: ogni volta che si lasciavano interrogare, che si commuovevano per un pezzo di pane condiviso, ogni volta che si fermavano davanti a un volto e decidevano di rimanere. 

Mi accorgo, così, che la Pentecoste non nasce da un’illuminazione improvvisa, ma è il frutto lento e silenzioso di tutti questi giorni. Lì, dove sembrava non accadere nulla, si stava preparando la fioritura dello Spirito, cioè della vita e della speranza.

In quale frammento del mio tempo pasquale sento che qualcosa è già cominciato a cambiare? Dove il Signore mi ha visitato in modo discreto, in una fatica condivisa, in un gesto semplice, in una parola accolta? Che cosa dello Spirito si è già acceso prima che me ne rendessi conto?

Secondo punto

Gusto le parole della promessa che Gesù ha consegnato ai suoi discepoli: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre”. E ora questo Paràclito è già all’opera nella nostra memoria, nel nostro corpo, nella nostra storia. Apro il cuore a questa speranza.

Mi rendo sempre più conto che la Pentecoste non è uno spettacolo di effetti speciali, ma una fiamma che si posa, si dona, si moltiplica. Non brucia, ma accende. Non impone, ma libera. E prende dimora nei corpi, nelle voci, nelle relazioni. I discepoli, che prima tacevano, ora parlano. Ma non come parlavano prima. Parlano per raggiungere, non tanto per spiegare. Parlano nella lingua dell’altro, nella carne viva della relazione.

È come se ciascuno scoprisse di avere dentro un’eco travolgente dell’amore appassionato di Gesù che chiede di uscire, di accendersi, di raggiungere qualcuno, di esprimersi. E non solo con le parole: anche con la presenza, con il perdono, con la creatività, con la solidarietà, con ogni gesto che rompe l’isolamento e ricostruisce una possibilità di comunione.

Lo Spirito non dà potere, ma voce. Non assegna ruoli, ma risveglia vocazioni sopite. È così che una fiamma personale diventa fuoco comunitario. Così si realizza la parola di Gesù quando diceva: «Il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26). E oggi questo insegnamento e questo ricordo si fanno carne nelle parole che dico, nelle scelte che compio, nei ponti che costruisco.

Quale parola nuova, urgente o faticosa, sta cercando, oggi, di venire alla luce in me? Dove sento che una relazione sta riprendendo vita, o mi chiede di uscire dall’indifferenza o dalle convenzioni sociali? Quale piccolo fuoco lo Spirito mi affida perché io lo custodisca, lo condivida, lo faccia crescere?

Terzo punto

Scopro, sempre più, che lo Spirito non è una parentesi ovattata. È il respiro di Dio dentro la storia. È ciò che non mi permette di rassegnarmi, che mi ostina alla vita anche quando tutto mi suggerisce di smettere di crederci. È speranza concreta. Non quella che aspetta tempi migliori, ma quella che crede che anche oggi – qui, in questo pezzo di realtà – può nascere qualcosa.

Lo Spirito non è mai in ritardo, ma arriva quando siamo pronti a non bastarci più da soli; non invade, ma si fa vicino, si affianca, con discrezione e forza, desidera conquistarmi per camminare accanto, per dare coraggio, per restituire respiro.

Assaporo la Pentecoste come questa speranza calata nella realtà, che entra nelle stanze in disordine della mia vita, che non ha bisogno di grandi certezze, ma solo di un cuore aperto e generoso. È una speranza che non grida, ma resiste. Che non promette scorciatoie, ma accompagna i passi veri.

E così si realizza quanto Gesù aveva detto: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Lo Spirito non visita: dimora. La sua casa è la mia vita quotidiana, quando la scelgo come spazio di amore e verità. E oggi mi chiede di essere, anch’io, segno di questa speranza possibile: attraverso le mie scelte libere, le mie presenze fedeli, i miei perdoni ripetuti, i miei ricominciamenti umili.

Quale scelta, anche piccola, oggi, può diventare un segno di speranza? Dove lo Spirito mi invita a non cedere alla stanchezza, ma a continuare ad amare? Quale persona, situazione, progetto, oggi mi interpella a essere un portatore di vita?

Colloquio

Conversare amichevolmente con il Signore. In particolare, Lo ringrazio per la fioritura continua che regala al mio cammino. Concludo con un’Ave Maria.

Cliccando sull’icona è possibile scaricare la traccia di preghiera in formato pdf.
(Istruzioni per la stampa)

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