Traccia di preghiera sul Vangelo della XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
In quale ambito della tua vita investi la tua scaltrezza? Nel consolidare le tue sicurezze o nel coltivare la qualità delle tue relazioni?
Indicazioni metodologiche
- È una traccia di preghiera sulle letture della domenica, in particolare sul Vangelo, ispirata alla tradizione degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola.
- Presuppone la lettura del Vangelo corrispondente: se omessa, la traccia che segue è priva di senso e si trasformerà in una presa in giro di se stessi.
- È predisposta in maniera tale da cercare di favorire il tuo coinvolgimento, il tuo apporto, il tuo contributo.
- Per la durata di questa preghiera, propongo i seguenti criteri:
- criterio del gusto interiore: farla durare sin quando ci dà gusto, ci coinvolge, ci intriga.
- criterio quantitativo minimo: non meno di 10 minuti.
- criterio quantitativo massimo: non più di 60 minuti.
- Non devi approfondire ogni spunto e domanda della traccia. La raffica di spunti e domande è per aiutarti a trovare il tuo filo conduttore. Soffermati dove ti senti toccato, dove senti coinvolgimento, dove avverti un richiamo. La tua preghiera passa in maniera decisiva dall’attenzione a questi movimenti interiori. Passa ad un altro punto della traccia solo quando hai ben gustato il precedente.
- Puoi impiegare la traccia con diverse modalità, prestando attenzione al tuo bisogno
interiore: una sola volta, per più giorni, per una settimana intera. - Puoi adoperarla anche insieme ad altri: in tal modo, dopo la fase personale, è poi possibile condividerne i frutti. Alcuni stanno sperimentando la traccia in gruppi.
- Alla fine della preghiera, prendi qualche appunto scritto (su carta, in un file, ecc.) sull’esperienza spirituale vissuta.
- Pregando sulla traccia, ti faranno compagnia tante sensazioni in ordine sparso, tipo “Non ci capisco niente!”, “Quante domande…”, “Io sono in cerca di risposte chiare e complete e qui trovo solo domande e tante…”, “La struttura della preghiera è strana”, “Alcuni passaggi risultano macchinosi…”, “Mi restano alcune immagini e non capisco perché”, “Sono affiorati diversi ricordi, belli e meno belli: che senso ha?”
- Non solo: ti potrà capitare di ritornare in maniera spontanea sulla traccia mentre sei impegnato nelle tue corse o di essere raggiunto ancora da essa.
Sai come si chiama tutto questo?
Preghiera.
La tua.
Sì, starai pregando.
Continua.
Testo del Vangelo…
Dal Vangelo secondo Luca (16,1-13)
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
*Foto di rawpixel.com su Freepik
Il video sarà disponibile a partire dalle ore 5.00 di sabato 20 settembre 2025
Preghiera preliminare
Chiedere a Dio nostro Signore la grazia che per la durata della preghiera tutte le mie intenzioni, il mio agire e la mia dimensione interiore non si disperdano in mille distrazioni, ma siano dedicate solo all’incontro con Lui: è possibile ed è bello.
Primo passaggio introduttivo
Consiste nel comporre il tema della preghiera. Qui sarà la scaltrezza, l’essere scaltro.
Secondo passaggio introduttivo
Consiste nel domandare al Signore quello che voglio e desidero. Qui, in particolare, gli chiedo di approfondire la dinamica della scaltrezza.
Primo punto
Gesù sta raccontando ai suoi discepoli una parabola, cioè un breve racconto che, attraverso immagini di vita quotidiana, ci provoca a pensare. Contemplo la scena descritta. Riguarda un uomo, un “figlio di questo mondo“, è un amministratore disonesto di lungo corso che, smascherato, entra, da un giorno all’altro, in una crisi totale. Sta per perdere tutto: il lavoro, lo status, la sicurezza. Il suo futuro è, all’improvviso, azzerato. La sua prima reazione è un grido che mi è familiare quando i miei piani saltano: “Che farò?“.
Mi fermo su questo momento. Ripenso alle “crisi” della mia vita: un fallimento, una perdita, una situazione in cui mi sono sentito “licenziato” dalle mie sicurezze. Riconosco quello smarrimento, quella tentazione di disperazione.
Ora osservo come reagisce l’uomo del racconto. Non si piange addosso. Non si paralizza. Al contrario, la crisi scatena in lui un’energia lucidissima. Si siede e, con un realismo impressionante, valuta le sue opzioni. E poi, ha un lampo di genio. Usa il poco tempo e il poco potere che gli restano, non per salvare il salvabile, ma per investire creativamente sul suo futuro. Ammiro la sua prontezza, la sua intelligenza, la sua capacità di trasformare una fine in un nuovo inizio.
Quale “crisi” (professionale, relazionale, spirituale) sto attraversando in questo periodo? Quali sono le voci e le paure che si agitano, in me, di fronte a questa incertezza?
Di fronte a questa sfida, quale dinamica prevale in me? La reazione istintiva della paura, che tende a paralizzarmi, oppure la spinta di un istinto di vita, che cerca, con lucidità e creatività, una via d’uscita?
In che modo, la mia fede entra in gioco in queste situazioni? Tendo a viverle come un momento in cui devo “cavarmela da solo” oppure come un’opportunità in cui posso aprirmi a una creatività che non viene solo da me?
Secondo punto
Ascolto, ora, il finale spiazzante della parabola. Il padrone loda la “scaltrezza” del suo amministratore. Gesù fa sua questa provocazione e la rilancia ai suoi discepoli. Esalta l’intelligenza e l’audacia dei “figli di questo mondo” e, al tempo stesso, sottolinea come i “figli della luce” – cioè noi, che ci siamo messi in cammino con Lui – siamo spesso tiepidi e senza fantasia per le cose di Dio. Mi lascio interrogare da questa provocazione di Gesù.
Mi rendo conto che non sta tanto dividendo il mondo in due categorie di persone, ma sta illuminando la tensione tra due logiche di vita che si scontrano e si mescolano, in infinite sfaccettature, nella complessità delle relazioni umane. E, ancor più in profondità, mi svela come questa stessa tensione sia la dinamica ambivalente che abita il mio stesso cuore: la lotta tra il ‘figlio del mondo‘ e il ‘figlio della luce‘ che c’è in me.
Penso a quanta energia e intelligenza investo per le mie sicurezze, per la mia carriera, per i miei interessi, per i miei sotterfugi. E poi penso alla “cura” della mia vita interiore, delle mie relazioni con Dio e con gli altri. Uso la stessa passione?
In quale ambito della mia vita investo la mia migliore intelligenza e la mia “scaltrezza”? Nel consolidare le sicurezze di cui sento di aver bisogno o nel coltivare la qualità delle mie relazioni con Dio e con gli altri?
Oggi, quali sono le mie “ricchezze“, cioè il tempo, le competenze, l’influenza? Le percepisco come un tesoro da proteggere o come uno strumento da usare con fantasia per “fare amicizia“, cioè per generare gratuità?
Nel mio cammino di fede, sento prevalere la stabilità di una pratica che mi dà sicurezza oppure il rischio di una creatività evangelica che mi chiede di inventare strade nuove per amare?
Terzo punto
Mi rendo conto che la riflessione di Gesù mi ha portato a un bivio. Mi ha aiutato a contemplare due logiche, due stili di vita: da un lato, la scaltrezza efficace, ma ansiosa, del mondo; dall’altro, la proposta rischiosa, ma liberatoria, del Vangelo.
Come scegliere? Su cosa fondare la mia fiducia? Ed è qui che il Vangelo mi svela la Buona Notizia più inattesa. La chiave decisiva non è uno sforzo più grande da parte mia, ma il riconoscere l’azione di Gesù stesso.
Mi accorgo che Lui è il vero “amministratore scaltro“, “disonesto” secondo la logica del mondo. È tormentato da un unico desiderio: aiutarci, procurarci la salvezza. E per farlo, “sperpera” la misericordia del Padre, “riduce i nostri debiti” non con un tratto di penna, ma con la sua stessa vita appassionata. Ci offre una grazia scaltra, un amore immeritato e folle che trova sempre il modo di raggiungerci e di perdonarci.
È questa Grazia che mi mette di fronte alla vera scelta, quella tra i due padroni. E ora capisco che non è una scelta morale, tra un padrone “buono” e uno “cattivo“. È un discernimento molto più profondo tra due promesse, tra due visioni della felicità.
Il primo padrone, la ricchezza, mi fa una promessa potente e concreta. Promette stabilità, sicurezza per me e per chi amo, la prevedibilità di un futuro che posso controllare e costruire con le mie forze. È la promessa di una vita senza scossoni, basata su risultati tangibili.
Il secondo Padrone, Dio, mi fa una promessa diversa, più misteriosa e ardita. Promette vita in abbondanza, una fecondità che non dipende dalle mie sole forze, la libertà dalle mie paure più profonde e una speranza che dà senso, anche alle difficoltà. È la promessa di una vita piena di significato.
La domanda finale, quindi, non è “a chi devo obbedire?“, ma “a quale promessa voglio credere?“. L’invito non è a compiere uno sforzo, ma a compiere un atto di fiducia.
Riesco a riconoscere nella mia storia personale i segni di questa “grazia scaltra” di Dio, di questo suo amore ostinato che mi raggiunge e perdona, anche quando non lo merito?
Guardando il mio cuore, oggi, quale delle due “promesse” esercita su di me un’attrazione più forte? Quella della stabilità e del controllo offerta dal mondo oppure quella della vita piena e della fiducia offerta dal Signore?
Cosa significherebbe per me, questa settimana, compiere un piccolo gesto concreto di fiducia nella promessa di Dio, agendo non più secondo la logica della paura e della sicurezza, ma secondo la logica della speranza e della gratuità?
Colloquio
Conversiamo da amico ad amico con il Signore. In particolare, Lo ringrazio perché mi fa scoprire che la scaltrezza più grande e più efficace è quella della Grazia e Lui ne è l’amministratore fedele. Concludo con un’Ave Maria.
Cliccando sull’icona è possibile scaricare la traccia di preghiera in formato pdf.
(Istruzioni per la stampa)