Chiavi di vita

Traccia di preghiera sul Vangelo della Solennità dei Santi Pietro e Paolo, Apostoli

Quali chiavi ti sono state affidate? Nelle tue mani, diventano chiavi di vita oppure stai correndo il rischio di chiudere invece di aprire?

Indicazioni metodologiche
  • È una traccia di preghiera sulle letture della domenica, in particolare sul Vangelo, ispirata alla tradizione degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola.
  • Presuppone la lettura del Vangelo corrispondente: se omessa, la traccia che segue è priva di senso e si trasformerà in una presa in giro di se stessi.
  • È predisposta in maniera tale da cercare di favorire il tuo coinvolgimento, il tuo apporto, il tuo contributo.
  • Per la durata di questa preghiera, propongo i seguenti criteri:
    • criterio del gusto interiore: farla durare sin quando ci dà gusto, ci coinvolge, ci intriga.
    • criterio quantitativo minimo: non meno di 10 minuti.
    • criterio quantitativo massimo: non più di 60 minuti.
  • Non devi approfondire ogni spunto e domanda della traccia. La raffica di spunti e domande è per aiutarti a trovare il tuo filo conduttore. Soffermati dove ti senti toccato, dove senti coinvolgimento, dove avverti un richiamo. La tua preghiera passa in maniera decisiva dall’attenzione a questi movimenti interiori. Passa ad un altro punto della traccia solo quando hai ben gustato il precedente.
  • Puoi impiegare la traccia con diverse modalità, prestando attenzione al tuo bisogno
    interiore: una sola volta, per più giorni, per una settimana intera.
  • Puoi adoperarla anche insieme ad altri: in tal modo, dopo la fase personale, è poi possibile condividerne i frutti. Alcuni stanno sperimentando la traccia in gruppi.
  • Alla fine della preghiera, prendi qualche appunto scritto (su carta, in un file, ecc.) sull’esperienza spirituale vissuta.
  • Pregando sulla traccia, ti faranno compagnia tante sensazioni in ordine sparso, tipo “Non ci capisco niente!”, “Quante domande…”, “Io sono in cerca di risposte chiare e complete e qui trovo solo domande e tante…”, “La struttura della preghiera è strana”, “Alcuni passaggi risultano macchinosi…”, “Mi restano alcune immagini e non capisco perché”, “Sono affiorati diversi ricordi, belli e meno belli: che senso ha?”
  • Non solo: ti potrà capitare di ritornare in maniera spontanea sulla traccia mentre sei impegnato nelle tue corse o di essere raggiunto ancora da essa.
Sai come si chiama tutto questo?
Preghiera.
La tua.
Sì, starai pregando.
Continua.
Testo del Vangelo…
Dal Vangelo secondo Matteo (16,13-19)

*Foto di Wirestock on Freepik

Il video sarà disponibile a partire dalle ore 5.00 di sabato 28 giugno 2025


Preghiera preliminare

Chiedere a Dio nostro Signore la grazia che per la durata della preghiera tutte le mie intenzioni, il mio agire e la mia dimensione interiore non si disperdano in mille distrazioni, ma siano dedicate solo all’incontro con Lui: è possibile ed è bello.

Primo passaggio introduttivo

Consiste nel comporre il tema della preghiera. Qui saranno delle chiavi.

Secondo passaggio introduttivo

Consiste nel domandare al Signore quello che voglio e desidero. Qui, in particolare, gli chiedo di aiutarmi a riflettere su come le chiavi – nelle relazioni, nelle decisioni, nelle parole – possano diventare strumenti di incontro, di libertà, di vita.

Primo punto

Gesù conduce i discepoli a Cesarea di Filippo, una città pagana, lontana dal centro del potere religioso, un contesto segnato da immagini, idoli, voci contrastanti. In questo luogo, distante dai consueti ambienti familiari, pone una domanda: “La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Oggi, nella mia famiglia, a lavoro, tra gli amici, nella vita di tutti i giorni, quale immagine di lui sta emergendo?

Gesù non è interessato a delle opinioni. Non si accontenta di quello che si dice in giro di lui: sta cercando una risposta personale, situata, consapevole. Per questo, diventa più diretto ed esplicito e chiede ai discepoli: “E voi, chi dite che io sia?”. Con questo rilancio, mi accorgo che Gesù non è interessato a risposte astratte o retoriche. Non gli interessano delle belle definizioni, tratte da una fede ereditata o imitata. Gesù sta cercando di andare al cuore di una relazione viva.

Lascio risuonare in me questa domanda che si offre ad ogni credente e ogni cercatore di verità: Chi è Gesù per me, oggi? Questa domanda tenta in continuazione di raggiungermi: approfitta dei momenti di crisi o di gioia, dei passaggi di cambiamento, quando le certezze si incrinano e la fede vacilla; a volte risuona perfino tra i riti e le liturgie.

Gesù non impone la sua domanda come unica. Mi chiede se, tra le tante che mi abitano, questa possa diventare rivelativa. Forse non è l’unica domanda decisiva della mia vita. Ma può essere quella che, se l’accolgo, mi permette di rileggere molte altre. Come una chiave che apre, senza chiudere il resto.

Quali domande importanti stanno bussando, oggi, alla mia interiorità? In mezzo alle tante voci, sento anche quella di Gesù che mi chiede: “E tu, chi dici che io sia?”? Dove e quando avverto che questa domanda mi sta aspettando?

Secondo punto

Pietro prende la parola. Sta parlando a nome suo e del gruppo dei discepoli. Prova a dare una risposta. In quel momento, si lascia abitare da qualcosa che lo supera e dice: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». La risposta di Pietro non viene da sé: Gesù lo riconosce apertamente – «né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio».

Pietro continuerà a cadere, a fraintendere, a rinnegare. Eppure Gesù lo chiama “roccia”. Una roccia che, pur fragile, resta viva e abitata dalla grazia. È questa roccia fragile, cioè una relazione accolta nella vulnerabilità, che diventa fondamento e Gesù su di essa costruisce la comunità. Contemplo questa fede fragile di Pietro che si lascia incontrare da una “grazia che lo apre delicatamente alla verità.

Tutto questo mi dà l’opportunità di far memoria di quel dinamismo interiore che riconosce quando una parola non viene solo da me, quando una scelta non è frutto di solo calcolo, quando una verità si propone con mitezza, senza bisogno di imporsi.

Quando ho sentito che una parola, una scelta, una intuizione sono più un dono che una mia elaborazione? Dove riconosco nella mia vita il passaggio di qualcosa che mi abita senza essere mio possesso? Cosa significa, per me, che Dio costruisce su una fede imperfetta?

Terzo punto

Gesù affida a Pietro “le chiavi del Regno”. Questa consegna avviene significativamente, a Cesarea di Filippo, luogo d’incontro di diverse tradizioni religiose, con influenze greche, romane ed ebraiche. Pietro è chiamato ad utilizzare quelle chiavi per aiutare gli altri a costruire (“legare”) una relazione significativa con il Signore e a liberarsi dai condizionamenti (“sciogliere”).

Contemplo questa consegna delle chiavi nelle mani di Pietro. Mi accorgo che quelle chiavi sono simbolo di fiducia, ma anche di responsabilità. Sono immagini forti: possono aprire oppure chiudere; custodire oppure imprigionare.

Mi rendo conto che il Vangelo non mi sta presentando solo un bel momento tra Gesù e Pietro. Mi sta narrando l’inizio di una storia più grande. A Pietro, poco tempo dopo, si affiancherà anche Paolo, chiamato ad uscire fuori dai suoi schemi, per aprire strade nuove e raggiungere il mondo dei “lontani”.

Da un lato, il semplice pescatore; dall’altro il fariseo, rigoroso osservante della legge: due uomini diversi per esperienze di vita, per sensibilità, per modi di fare. Entrambi conquistati da una grazia sovrabbondante e trasformati in testimoni credibili di un amore senza fine.

Due modi di servire. Due modalità di rispondere all’amore ricevuto. Pietro: la custodia e la solidità. Paolo: l’apertura e la missione. Due chiavi. L’uno chiamato a custodire, a proteggere. L’altro chiamato ad accogliere, ad aprire a tutti.

Non solo due percorsi personali, ma due espressioni di un unico cammino. Due protagonisti di una comunità nascente, custodita da Pietro e rilanciata da Paolo. Entrambi testimoniano due modi di vivere l’esperienza unica della Chiesa che continua, ancora oggi, ad aprire cammini, partendo da quella fede fragile, ma abitata dalla grazia, dei tanti che le appartengono. Pietro e Paolo mi interpellano, non solo come credente o cercatore, ma come parte di questa comunità, chiamata a custodire e aprire, ad annunciare e servire.

Quali “chiavi” mi sono state affidate? Dove sono chiamato a custodire e dove a osare? In quali situazioni, gesti, decisioni, corro il rischio di chiudere invece di aprire cammini? Quale delle due vocazioni – quella di Pietro o quella di Paolo – mi interpella di più, oggi?

Colloquio

Conversare amichevolmente con il Signore. In particolare, Lo ringrazio per la fiducia che ha avuto in Pietro e Paolo. La loro fede, fragile e abitata dalla grazia, è diventata sorgente di una Chiesa che, ancora oggi, continua ad aprire cammini. Concludo con un’Ave Maria.

Cliccando sull’icona è possibile scaricare la traccia di preghiera in formato pdf.
(Istruzioni per la stampa)

Lascia un commento